DA SAN MARTINO IN CAMPO A PIETRAMARINA
ZONA: Montalbano
DISLIVELLO: 380 m
DURATA: 4 ore
LUNGHEZZA: 12 km
Escursione in collaborazione con il gruppo "Camminare nella Montagnola senese"
ALCUNE NOTE SUL PERCORSO:
SAN MARTINO IN CAMPO
L’abbazia romanica di S. Martino in Campo (220 metri s.l.m), nel Comune di Capraia e Limite, si trova lungo una via che nel Medioevo costituiva un importante collegamento tra Artimino e il Montalbano inferiore con la zona di Empoli e Montelupo. Questa via di comunicazione, etrusca e romana, venne poi utilizzata anche dai pellegrini provenienti dalla francigena, o diretti a Santiago di Compostella. Il monastero nacque allora come luogo di preghiera e insieme di ospitalità. Si sarebbe quindi trattato di un antico "ospedale", punto di sosta per i pellegrini, in cammino da e verso la chiesa di San Giusto, la torre di Sant'Alluccio ed il successivo ospizio di San Baronto.
Il primo documento storico certo che parla di San Martino in Campo è databile al 1057. La chiesa, istituita nella prima metà dell’XI secolo dai Benedettini, fu pressoché completamente ristrutturata nel XII secolo, in seguito ad un crollo. Nel XVI secolo il monastero fu soppresso e i beni furono dati in commenda alla famiglia Frescobaldi di Firenze, nei secoli successivi mantenne solo la funzione di parrocchia. Per visitare la chiesa occorre rivolgersi alla canonica (tel. 0571.910118) la domenica dalle 8.45 alle 13 e dalle 15 alle 19
SAN GIUSTO
L'abbazia di San Giusto al Pinone si trova nel comune di Carmignano, in provincia di Prato. Risale, probabilmente, alla metà del XII secolo, ed è uno degli edifici romanici più suggestivi della zona.
La sua origine dovrebbe essere in relazione ad un'antica viabilità, altomedievale, di crinale che dall'Arno, attraversato nel punto più stretto (area della Gonfolina), giungeva nel pistoiese. Si sarebbe quindi trattato anche in questo caso di un antico "ospedale". Una campana della chiesa, detta la "Sperduta", aveva il compito di guidare i pellegrini in difficoltà e chiamarli a raccolta prima del tramonto, prima che le porte dell'abbazia si chiudessero. Secondo la tradizione sarebbe stata fondata da un monaco eremita francese, San Giusto (monaco) o Giustone, con una storia simile alla contemporanea chiesa di San Baronto, la cui leggenda la vuole fondata dal monaco eremita francese Baronto. Fino al Trecento fu sede di una piccola comunità monastica cistercense, diventando in seguito oratorio per poi essere abbandonata. Dopo una parziale ricostruzione ottocentesca, fu ripristinata nel dopoguerra. Attualmente sulla Chiesa non è chiara la proprietà sebbene un documento del 1898 del Regno d'Italia la faccia propria demandando il compito di custodia al Comune di Carmignano. Ad oggi l'Abbazia è in stato di degrado e a tal proposito è nata l'Associazione Amici di San Giusto per salvarla dal degrado e riportarla alla luce con eventi, manifestazione e ricerca dei fondi necessari.
PIETRA MARINA
Il sito di Pietramarina è ubicato sulla sommità della propaggine meridionale del Montalbano, a 585 metri s.l.m., in uno dei luoghi più affascinanti del Montalbano. La posizione elevata e strategica, al confine occidentale del territorio di Artimino, consentiva di controllare un vasto territorio e costituiva un riferimento per chi utilizzava i percorsi di pianura o proveniva dai passi appenninici. Fronteggiando Artimino, Fiesole e Volterra, permetteva di mettere in comunicazione con una triangolazione visiva questi grandi centri tra loro, nonché il retrostante territorio del medio-Valdarno con la costa livornese, oggi visibile in condizioni atmosferiche ottimali.
Probabilmente in virtù di questa posizione strategica, il sito – area santuariale fortificata – è stato occupato per un lungo arco di tempo, che al momento attuale è documentato almeno dal VII al I secolo a.C. Le ricerche sistematiche nella zona sono state avviate dalla Soprintendenza ai Beni Archeologici della Toscana negli anni 1991-1996; dal 1999 al 2015 sono state riprese dal Comune di Carmignano, in regime di concessione. La sommità del colle è racchiusa da una cinta muraria che ha uno sviluppo lineare approssimativamente calcolabile di circa 360 metri, oggi visibile per un tratto sui lati ovest e sud, e larga 2,90 metri circa,
IL MASSO DEL DIAVOLO
Lo chiamano il Masso del Diavolo, perché qualcuno ha riconosciuto l’impronta della zampa caprina del Maligno in una antica incisione ai piedi della roccia. Una serie di gradini scavati direttamente nella pietra aiutano a salire sulla sommità del masso e un tempo, quando il bosco era meno sviluppato, da lassù la vista poteva spingersi al mare e alla lontana isola della Gorgona. C’è chi riconosce nel masso un altare etrusco, ma molto probabilmente la scalinata fu scavata in tempi più recenti. Non si può dubitare, però, che il masso, meravigliosamente isolato, non sia rimasto indifferente agli etruschi che abitarono per seicento anni la cittadella, i cui scavi sono visibili oggi a pochi metri di distanza. Anzi, è probabile che il masso fosse veramente frequentato in epoche remote: sulla sua superficie, tra le incisioni e le scritte lasciate dai primi del Novecento a oggi, alcuni solchi più profondi e arrotondati sembrano appartenere a genti e usi molto più antichi.
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